La bambina sputafuoco di Giulia Binando Melis

Ci sono libri che sono una piacevole sorpresa già dalle prime pagine, perché hanno uno stile e una costruzione particolare. Ricordo lo stupore nel leggere Saramago per la prima volta: le frasi molto lunghe, l’assenza delle virgolette per definire i dialoghi; lo smarrirsi iniziale per poi immergersi nella storia avendo imparato la chiave di lettura così da non essere più stranieri nel mondo narrativo dello scrittore.

Il libro “La bambina sputafuoco” è un altro affascinante esempio. Non solo i dialoghi non hanno la classica struttura, ma tutto è essere Mina, i suoi occhi, i pensieri, le emozioni. Ed esserlo per 320 pagine senza un momento di noia e di disattenzione(!) Il lettore percorre insieme a lei i momenti difficili della diagnosi, le cure pesanti da sopportare e la speranza che progressivamente si fa strada fino alla guarigione.

Il linfoma di Burkitt, di cui si parla unicamente all’inizio, è un tumore che può colpire sia adulti che bambini. Ma cosa succede nella mente di un bambino quando si ammala di una malattia così grave tanto da metterne a rischio la vita? Lo scopriamo in questo bel libro, perché diventiamo Mina prendendo consapevolezza di come lo spirito di sopravvivenza riesca a traslare tutto ad un piano superiore, che è quello della fantasia, della elaborazione di un dolore psichico così importante in atto creativo mentale. La morte stessa viene vissuta come passaggio ad un livello superiore, scevra di ogni stato emotivo.

Come madre e professionista sono stata travolta dalla malattia di mia figlia, non comprendendo, e forse spesso travisando, ciò che i suoi occhi e il suo comportamento comunicavano. Il dolore di una persona adulta è caricato dell’esperienza e di tante sovrastrutture mentali. Questo libro rende fruibile con la narrazione quanto affermato dalla Montessori:

La forma psichica del bambino è diversa da quella dell’adulto. Il bambino sta con l’ambiente in una relazione diversa dalla nostra. Gli adulti ammirano l’ambiente, possono ricordarlo, ma il bambino lo assorbe in sé. Egli non ricorda le cose che vede, ma queste fanno parte della sua psiche; incarna in se stesso le cose che vede e ode. Mentre in noi adulti nulla muta, nel bambino avvengono trasformazioni, noi ricordiamo soltanto l’ambiente, mentre il bambino si adatta ad esso.

Un libro da leggere, un consiglio per i miei colleghi.